La prescrizione di integratori di vitamina D è sempre stata una certezza nel trattamento dell'osteoporosi. Nuovi studi, tuttavia, dimostrano la poca utilità della vitamina D in questi casi, tanto da dividere la comunità scientifica tra coloro i quali la ritengono di cruciale importanza e quanti la ritengono inutile.
Il New English Journal of Medicine (NEJM) ha pubblicato uno studio che dimostra come gli integratori di vitamina D siano privi di effetti utili nel prevenire le fratture e i problemi cardiovascolari, oncologici e cognitivi.
Come spiega Nicola Mangrini, direttore generale dell'Aifa, lo studio “ha valutato l'efficacia della vitamina D assunta per 5 anni nel prevenire le fratture e ne è emerso come sia priva di effetti utili”.
Lo studio è stato ampliato anche agli effetti della suddetta vitamina in caso di problemi cardiovascolari, oncologici e cognitivi: anche in questo caso non sono stati riscontrati effetti positivi.
Conclusione, questa, che conferma l'azione di governance della spesa farmaceutica intrapresa dall'Agenzia Italiana del Farmaco e, come afferma Magrini: "Avrà un impatto, a breve, su una probabile revisione della nota 96, che aveva già determinato un utilizzo più mirato della prescrizione di questo farmaco dalle immaginifiche proprietà contro il Covid e usato profilatticamente per prevenire infezioni e altre condizioni”.
Si va dunque incontro a una prescrizione più mirata della vitamina D, sebbene vi sia una “variabilità regionale, con alcune regioni più virtuose nell'averla adottata e altre meno. Serve lavorare a campagne di sensibilizzazione e a un lavoro con le regioni per incentivarne ulteriormente l'appropriatezza prescrittiva” conclude Magrini.
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