La libertà di manifestazione del pensiero prevale sempre sul diritto all’onore ed alla reputazione quando, al verificarsi di un conflitto tra i due, sono presenti le seguenti tre condizioni: 1) la c.d. pertinenza, ossia l’interesse pubblico alla diffusione della notizia o dell’opinione; 2) la verità dei fatti narrati, anche putativa, ossia fatti che sembrano veri nel momento in cui sono stati riferiti; 3) la continenza delle espressioni adottate.
Riguardo al primo elemento (interesse pubblico alla diffusione della notizia o dell’opinione), il diritto di cronaca giustifica intromissioni nella sfera privata laddove la notizia riportata può contribuire alla formazione di una pubblica opinione su fatti oggettivamente rilevanti. Tuttavia, va rilevato che non può parlarsi di pertinenza se la notizia viene data con ritardo, dl momento che l’interesse pubblico alla conoscenza di un determinato fatto è legato alla sua attualità.
Riguardo alla seconda condizione (verità, almeno putativa, dei fatti narrati), chi da la notizia deve garantire non solo che il fatto sia vero, o ragionevolmente vero, rispetto alle fonti da cui proviene; ma deve garantire anche che tale fatto non venga ingigantito o raccontato con enfasi ed esagerazione.
Questi principi vanno applicati anche alla c.d. cronaca giudiziaria ed al c.d. giornalismo di inchiesta.
Il diritto di cronaca giudiziaria è il diritto di raccontare fatti realmente accaduti riguardanti le vicende giudiziarie di un determinato soggetto. Ne consegue che il giornalista ha l’obbligo di controllare l’attendibilità della fonte informativa e di accertare la verità del fatto pubblicato, nel dubbio è tenuto a non pubblicare nulla.
Il giornalismo di inchiesta, invece, riceve una tutela più ampia, purchè ricorrano l’interesse a rendere consapevole l’opinione pubblica di fatti ed avvenimenti socialmente rilevanti; l’uso di un linguaggio non offensivo e la non violazione di correttezza professionale. Tuttavia, perché chi diffonde la notizia non vada incontro a responsabilità, occorrono due elementi: uno soggettivo, consistente nel fatto che sia stato compiuto ogni sforzo diligente per accertare la verità dei fatti; ed uno oggettivo, consistente nel fatto che i fatti narrati, poi rivelatisi falsi, non siano manifestamente implausibili.
Inoltre, la valutazione della diligenza con cui è stata accertata la verità putativa dei fatti deve avvenire tenendo anche conto della potenziale diffusività del mezzo di comunicazione utilizzato.
Infine, la continenza delle espressioni utilizzate, richiede la correttezza dei fatti esposti, in modo da evitare l’uso di espressioni lesive dell’altrui reputazione, eccedendo il diritto di cronaca e di critica.
Carmela Mazza
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