Istruzione e Formazione

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Venerdì, 29 Settembre 2023

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Le Università devono ripensare da zero il metodo didattico.

Troppo spesso la questione su come gli insegnanti debbano affrontare la trasformazione digitale, “per stare al passo coi tempi”, viene affrontatadocenti meramente sul piano tecnologico. Questo è un grave errore. Ci si focalizza solo sul passaggio dalla carta agli e-book, dalla formazione in aula all’e-learning, e così via. Ormai sul web si può trovare materiale didattico davvero di elevatissima qualità, spesso pure gratuitamente, così che per Università e insegnanti diventa sempre più difficile creare valore per i propri studenti, nonché distinguersi da concorrenza e alternative (che spesso si trovano appunto in rete). Qualcuno potrebbe credere si tratti di un fenomeno non poi così diverso dal cosiddetto ‘Retail Apocalypse’: Amazon e pochi altri grandi player dell’e-commerce sono stati così bravi da creare quasi-monopoli del commercio facendo leva su modelli di business digitali, i quali consentono di garantire – contemporaneamente –  tanto una elevata qualità del servizio quanto dei prezzi bassi. Similmente, si potrebbe essere portati a pensare che pochi dominatori del digital education potrebbero spazzar via una pletora di piccoli enti formativi e ridurre drasticamente i posti di lavoro disponibili per chi vuole fare l’insegnante, specie nel comparto high-education (dove è più semplice e naturale per l’utente fare da sé). Mi si consenta una profezia: non sarà così. I servizi educativi sono ben diversi da quelli commerciali: continueremo ad avere bisogno di tanti insegnanti, forse ancor di più che in passato. D’altro canto, chi svolge questo lavoro sarà destinato a cambiare – drasticamente – ruolo ricoperto e a rinnovare le sue competenze.

Qual è il vero valore aggiunto del docente?

Le piattaforme digitali possono creare nuovi ed efficaci modelli di fruizione dei contenuti formativi, ma il valore aggiunto del docente nei processi di interazione e confronto, quale stimolatore di discussioni e pensiero critico, nonché come ‘educatore’ in senso stretto resta tuttora inimitabile e scarsamente replicabile sul web. Anche i tentativi di replicare tali circostanze per via telematica si sono finora dimostrati, in larga parte, piuttosto fallimentari. La conoscenza personale, il confronto continuo fra docente e discente, il fatto di essere nella stessa stanza e vivere “la stessa atmosfera’, la possibilità di incontrarsi davanti ad una macchinetta del caffè restano dinamiche sociali che fanno la differenza quando i modelli di formazione si basano sull’interattività e sull’apprendimento applicato, anziché sulla didattica frontale. Secondo questo paradigma, l’insegnante è un po’ meno formatore – quantomeno secondo l’accezione tradizione – e sempre più coach, mentor, facilitatore dei processi di apprendimento.

Flipped classroom e sviluppo del pensiero critico.

La ‘flipped classroom’ è una metodologia didattica innovativa che fonde soluzioni off-line ed on-line in un unico modello dirompente che ‘rivolta’ il paradigma tradizione. Nelle classi ‘flipped’, gli studenti anziché apprendere le nozioni in classe e fare poi compiti di approfondimento a casa, vengono invitati a studiarsi da soli – a casa e preventivamente – gli argomenti oggetto della lezione, così che quest’ultima diventa unicamente oggetto di dibattito, approfondimento, esercitazione sotto la supervisione del docente. Se in una lezione tradizione il docente conclude tipicamente i lavori chiedendo “avete domande?”, in una sessione flipped questa domanda è all’inizio, è il modo con cui si rompe il ghiaccio. Il tempo insieme viene quindi dedicato a sviluppare pensiero critico, a chiarire le parti più complesse, a provare ad applicare i concetti con simulazioni ed esercizi. Per quanto questo approccio sia stato introdotto per la prima volta ormai venti anni fa, esso ha cominciato a diffondersi specie negli ultimi anni poiché, se da un lato, non ha nulla a che fare con la tecnologia (è un diversa filosofia didattica, nulla più), dall’altro avere a disposizione una piattaforma che ti consente di condividere i contenuti in modo semplice e a basso costo ha dato una forte spinta alle classi ‘flipped’. Tutte le più grandi innovazioni sono nate sfidando concetti incrostati in abitudini consolidate e accettando la sfida di paradossi apparentemente impossibili da realizzare. Prendete la macchina del tempo che avete nel garage e tornate a prima dell’invenzione delle compagnie aeree low cost: avreste trovato qualcuno disposto a credervi affermando che si può trovare un modo per offrire un volo da Londra a Milano con 50 euro, e guadagnarci pure? Analogamente, grazie alle piattaforme di digital education e agli algoritmi di cognitive computing, offrire a ciascun utente un piano di formazione personalizzato sarà qualcosa di reale molto presto. Care Università, è tempo di smettere di farsi la guerra su chi offre il corso di laurea sui temi più innovativi: a monte è il metodo didattico da innovare, non i contenuti. Tanto questi ultimi diventeranno obsoleti prima che il Ministero vi abbia approvato la programmazione didattica, fatevene una ragione.

Vincenzo Di Natale

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