Gli ultimi dati Eurostat rivelano che l'11,8% dei lavoratori versa in condizioni povertà. Le cause sono da attribuirsi, oltre che alle “basse retribuzioni orarie”, anche alla durata del contratto di lavoro, spesso precario, e nella carenza di formazione.
A tal proposito, il Segretario Generale del SiFUS Confali, Maurizio Grosso, si esprime proponendo un costo minimo dell'orario di lavoro pari a 9,66 euro l'ora.
“Un tempo, quando le organizzazioni sindacali confederali puntavano alla 'contrattazione' come strumento di lotta per rivendicare i diritti negati delle lavoratrici e dei lavoratori – afferma Grosso – avremmo sostenuto con determinazione che il 'salario minimo orario' va determinato dalle risultanze della contrattazione medesima, senza se e senza ma. Da quando i sindacati confederali hanno abbandonato lo strumento della contrattazione preferendogli quello della 'concertazione', che di fatto ha consentito il ricorso delle aziende a salari da fame per milioni di lavoratrici e lavoratori, abbiamo cambiato motivatamente idea e riteniamo giusto che il Parlamento italiano proceda attraverso una legge, alla definizione di un costo minimo dell'orario di lavoro pari a 9,66 ore lorde ( come in Germania), al di sotto del quale nessuna retribuzione deve scendere. Il Governo Draghi – continua Grosso – non può continuare a consentire paghe da fame e soprattutto che le famiglie "operaie in povertà assoluta", come rivela il rapporto annuale dell'Istat, rappresentino il 13% del totale a dimostrazione che la contrattazione sindacale confederale, ha prodotto più danni che vantaggi”.
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